giovedì 2 luglio 2009


MAL DI TESTA DA STRESS? IL SESSO È LA MIGLIORE MEDICINA

Durante il rapporto sessuale aumentano i livelli di serotonina e dopamina. E tutto l’organismo ne risente positivamente

Meglio di un analgesico, meglio di un buon sonno. Il sesso è l’arma più efficace per combattere e vincere il mal di testa. Lo sostiene uno studio realizzato presso il centro di medicina del dolore dell'Istituto Neuromed di Venafro (Isernia), secondo cui chi soffre di emicrania avrebbe anche maggiore desiderio sessuale.

“I disturbi che dipendono principalmente dallo stress, le cosiddette “cefalee tensive” possono essere migliorati con un rapporto sessuale perché aumentano i livelli di serotonina e dopamina, i neurotrasmettitori che influiscono sulle emozioni e sugli stati d'animo. Il rapporto sessuale attiva il sistema autonomo neurovegetativo, che agisce sui visceri del corpo e sull'equilibrio interno, quindi è in grado di alleviare i fastidiosi mal di testa da “stress”.

Discorso diverso, però, per i mal di testa cronici, quelli la cui causa non è lo stress: “Le emicranie che hanno bisogno di una terapia farmacologica non vanno sottovalutate, ma curati con terapie specifiche. Via libera al sesso, quindi, ma anche una visita specifica”.

martedì 2 giugno 2009


VUOI DIMAGRIRE DAVVERO? 5 COSE DA NON FARE MAI

Vi suonano familiari luoghi comuni come questi:

“Mai mangiare subito prima di andare a letto”, “se vuoi dimagrire in fretta, salta un pasto”, “mangia sempre alla stessa ora, se vuoi perdere peso”? Sembrano regole lapalissiane e veritiere. Invece sono in parte mezze verità, in parte falsi miti, molto più spesso teorie prive di fondamento: più nocive che benefiche.
Cerchiamo di capire allora quali “false verità” evitare se si vuole dimagrire davvero, in fretta e bene.

Mangiare la sera NON fa ingrassare

Quel che fa guadagnare peso non è il momento in cui si consuma un pasto, ma il totale delle calorie che si consumano durante l’arco della giornata. Non conta assolutamente a che ora assumete quelle calorie. Va fatta, però, una precisazione: a fine giornata la stanchezza potrebbe far vacillare la vostra determinazione a seguire la dieta e potreste essere indotti a consumare alimenti più calorici che in altri momenti della giornata. Insomma: tenete d’occhio calorie e porzioni, ma sentitevi liberi di mangiare quando volete.

Rispettare per forza gli orari non è così determinante

Attenersi a orari precisi per i pasti può aiutare a controllarsi, ma forzarsi a mangiare se non si ha fame rende più difficile la dieta. Se siete costretti a mangiare a una determinata ora, come per esempio accade per la pausa pranzo in ufficio, ritagliatevi qualche spazio tutto per voi, in modo da poter avere il giusto relax durante la giornata, e mangiate solo quando è il vostro stomaco a richiederlo. In sostanza: mangiate quando avete fame e non quando lo dice l’orologio.

Saltare un pasto NON aiuta a dimagrire. Tutt’altro...

Se salterete un pasto nella speranza di vedere scendere l’ago della bilancia, aspettatevi un’amara sorpresa: arriverete affamati al pasto successivo e mangerete più del consentito. Non solo, saltare i pasti porta a un abbassamento del metabolismoche vi farà bruciare meno calorie. Insomma, è inutile. Attenetevi ai cinque pasti consigliati dal dietologo (colazione, pranzo, cena più merenda e spuntino).

Le calorie non sono affatto tutte uguali

Per raggiungere le 1.400 calorie previste dalla vostra dieta, non fa differenza, per esempio, quanto formaggio mangiate. Quello che conta davvero sono gli alimenti che più danno un senso di sazietà, oltre che esser più ricchi di alcuni nutrienti. Per fare un esempio: 100 calorie di una mela valgono di più delle 100 calorie di una fetta di pane bianco. Per sentirvi sazi, quindi, consumate cibi ricchi di fibre e acqua come la frutta e le verdure.

lunedì 13 aprile 2009


TERREMOTO, LA TRAGEDIA AUMENTA L’ANSIA
Le dirette televisive 24 ore su 24 amplificano le angosce di ciascuno di noi. E moltiplicano incertezze e paure, specie in anziani e bambini

Dirette non stop, copertura imponente della tragedia da parte di tutti i mass media. Il tutto “condito” dal susseguirsi delle scosse, che si avvertono in gran parte del Paese. La tragedia del terremoto che ha colpito l’Abruzzo porta con sé conseguenze anche sulla psiche degli italiani non coinvolti direttamente dal lutto.

“Questa enorme attenzione dei mass media, che documentano attimo per attimo morti, feriti, crolli e devastazioni a suon di immagini, amplifica l'ansia di chi guarda. Una tragedia con una copertura 24 ore su 24 che rischia di scatenare una fobia collettiva negli spettatori, catapultati sul luogo del disastro”. Perché le immagini più crude raggiungono gli strati più profondi della nostra psiche: "Guardando in questi giorni la televisione molti vengono catapultati sui luoghi del disastro, così all'improvviso si sentono destabilizzati e sradicati. Ma soprattutto ancora in pericolo, perché la terra continua a tremare".

Ma allora in che modo si può raccontare quanto sta accadendo in Abruzzo senza moltiplicare i traumi per gli italiani? "Occorre seguire gli eventi senza andare a cercare immagini scioccanti o l'ultimo respiro sotto le macerie”, “No alla tv del dolore e dello shock live, sì invece alla cronaca dei tanti gesti di solidarietà, dell'organizzazione degli aiuti, delle iniziative della Protezione Civile. Occorre mostrare la risposta di tutto il popolo italiano alla tragedia".

In questo modo, invece, "si sta creando una sorta di effetto 11 settembre, uno shock collettivo nutrito da quello che in alcuni casi può dirsi sciacallaggio mediatico. Un approccio che moltiplica solo incertezza e paura, specie nelle persone più fragili: anziani e bambini".

giovedì 26 marzo 2009


SPECIALE OSTEOPOROSI

Subdola e infida, dolorosa e progressiva. Rende fragili le ossa (soprattutto quelle delle donne) e le espone al rischio fratture. Le regole della prevenzione, gli esami per riconoscerla, le terapie per combatterla

Identikit di un nemico delle ossa

Continui dolori alla schiena, progressiva perdita dell’altezza, qualità della vita che cala a vista d’occhio… Le manifestazioni dell’osteoporosi sono tante e tutte sgradevoli. Spesso anche molto serie. Ma in che cosa consiste esattamente questa malattia?
Si tratta di una patologia che indebolisce la struttura interna delle ossa, favorendo un notevole aumento del rischio di fratture. Ma perché colpisce soprattutto le donne, superati i 50 anni? Anzitutto, perché la struttura ossea dellle donne è più fragile e minuta rispetto a quella degli uomini. In secondo luogo la perdita del minerale osseo, che colpisce entrambi i sessi, è più rapida nelle donne perché favorita dall’arrivo della menopausa e dal conseguente interrompersi della secrezione di ormoni estrogeni.
Purtroppo, l’osteoporosi si manifesta solo quando è in uno stato già avanzato. Di qui l’importanza della prevenzione, cominciare a combatterla cioè fin da giovani soprattutto su due fonti: in palestra e a tavola. Così come i muscoli, anche le ossa vanno allenate. Uno stile di vita attivo aiuta a mantenere una buona mineralizzazione scheletrica.
Ma il modo migliore per evitare ogni rischio è crearsi una buona “riserva” di minerale nelle ossa. In che modo? Scegliendo cibi ricchi di calcio (latte, yogurt, pesce…) e bevendo le comuni acque minerali da tavola. Importante anche la vitamina D, che ne favorisce l’assorbimento intestinale: si può ricavare dalle uova, dal fegato e dall’esposizione della pelle ai raggi del sole.
Infine, è bene stare alla larga dal fumo e dall’alcol: un’autentica minaccia per la salute delle nostre ossa.

Quanto e chi colpisce l’osteoporosi

Oltre 200 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da osteoporosi, e tuttavia spesso questa condizione non viene riconosciuta o diagnosticata per via dell'assenza di sintomi. La maggior parte delle persone scopre di avere l'osteoporosi solo quando subisce la frattura di un osso.
Le donne, minate dai cambiamenti ormonali della menopausa, sono le più colpite: in particolare il 25-40% oltre i 50 anni e circa il 70% oltre i 70. Ma anche gli uomini sono a rischio: dopo i cinquant’anni un uomo su cinque soffre di fratture correlate ad osteoporosi; in caso di fratture al femore, la percentuale di mortalità nell'anno successivo è più alta negli uomini che nelle donne.
In Italia sono circa cinque milioni le persone colpite, il doppio ne sono previste per il 2020, e ogni anno almeno 90 mila persone incorrono in una frattura al femore: il 5% degli over 70 muore nella fase acuta (cioè nei giorni successivi al ricovero per la frattura), mentre il 15-20% non supera l’anno dal momento della frattura. Nel 25% dei casi, infine, la frattura si ripete.
I costi socio-sanitari sono enormi perché sommano l’ospedalizzazione, la riabilitazione e spesso la residua disabilità, aggravata dall’età dei pazienti fratturati e osteoporotici. Complessivamente in un anno lo Stato spende circa 1,2 miliardi di euro in conseguenza delle fratture di femore.

Come si manifesta e come si accerta l’osteoporosi

L’osteoporosi si presenta in maniera pressoché inequivocabile. I suoi sintomi sono anzitutto dolori fastidiosi e continui nel tratto dorsale e lombare della colonna vertebrale, che si fanno più forti quando ci si alza da una posizione seduta. Nella fase più avanzata della malattia, poi, aumenta vertiginosamente il rischio di fratture: le zone più colpite, in questo caso, sono il femore, il polso e l’anca.
Una volta che si ha il sospetto di un’osteoporosi, a quali esami bisogna affidarsi per eliminare ogni dubbio? Ve ne sono diversi, ma il più attendibile resta senz’altro la Moc (mineralometria ossea computerizzata), cui ci si può sottoporre in qualunque centro diagnostico, e che serve a misurare la consistenza delle ossa in vari punti dello scheletro. Dura una decina di minuti circa ed è completamente innocua: il paziente deve limitarsi a inserire l’avambraccio in un’apparecchiatura.
Anche se è tipica dell’età avanzata, è sempre meglio sottoporsi ai primi controlli intorno ai 25 anni. È verso i 30, infatti, che lo scheletro raggiunge la sua massima consistenza. Da quel momento in avanti, comincia un lento calo della densità delle ossa.

Quali terapie per l’osteoporosi

Nonostante le dimensioni del fenomeno siano più che rilevanti, non s’investe ancora abbastanza per una corretta prevenzione prima e per l’uso di farmaci poi che, a costi molto bassi, eviterebbero fratture in chi ha le ossa già minate.
Esistono farmaci, i bisfosfonati, che vanno a “tappare” i buchi che si formano nelle ossa. Purtroppo, si tratta di cure da prendere per tutta la vita e a volte, non avendo sintomi gravi, l’osteoporotico o non li prende o li “dimentica” perdendo così la protezione dal rischio fratture. Buona parte delle pazienti aderiscono alla terapia con un tasso inferiore al 50% (cioè meno di 6 mesi all’anno): un atteggiamento che, secondo evidenze cliniche, non genera alcuna protezione.
Una risposta a questo problema è il farmaco che si prende una sola volta all’anno, che riduce drasticamente l’incidenza di fratture e di ri-fratture e che costa meno dei generici.
L’efficacia della monosomministrazione annuale in generale è risultata superiore (New England Journal of Medicine) agli altri bisfosfonati: con una sola dose annua si sono ridotte del 70% le fratture vertebrali, del 41% quelle del femore e del 51% quelle di femore nelle pazienti mai trattate. Inoltre, le ri-fratture si sono ridotte del 35%, mentre il rischio di morte negli osteoporotici fratturati è diminuito del 28% nelle pazienti che hanno già iniziato un trattamento.
"Diversi studi internazionali hanno dimostrato che acido zoledronico 5 mg è tra le più efficaci terapie disponibili per la cura dell'osteoporosi, perché riduce sensibilmente le fratture e migliora la sopravvivenza dei pazienti”, afferma Sergio Ortolani, Direttore del Centro Malattie del Metabolismo Osseo dell’Istituto Auxologico Italiano. “Inoltre, la monosomministrazione annuale rappresenta un importante progresso nella gestione della patologia osteoporotica perché garantisce una reale aderenza alla terapia da parte delle pazienti”.
L’acido zoledronico 5 mg è indicato per il trattamento delle donne in post-menopausa ad aumentato rischio fratture ed è rimborsato dal Servizio sanitario nazionale anche in assenza di fratture. A settembre 2008 le autorità regolatorie europee hanno approvato l’estensione delle indicazioni di acido zoledronico 5 mg anche per gli uomini. A differenza degli Stati Uniti e degli altri Paesi dell’Unione Europea (dove l’infusione è somministrata a casa o in ambulatorio), in Italia il farmaco è somministrabile solo in ospedale.
Alle ossa fa bene l’estate
Esposizione alla luce, movimento e una dieta ricca di calcio. Ecco le tre regole per prevenire l’osteoporosi


L’estate non è solo sinonimo di tintarella e relax e di benessere ma può diventare l’occasione per prevenire l’osteporosi, una patologia provocata da una progressiva riduzione di calcio nelle ossa, che causa un indebolimento e una maggiore fragilità di queste, con conseguente rischio di fratture sia spontanee sia provocate da cadute o traumi.

I numeri in Italia
Secondo i dati Istat, otto donne su cento dichiarano di avere l’osteoporosi. Un dato sicuramente sottostimato non solo perché si riferisce al 2000 (ultimo disponibile) ma anche perché, come ha dimostrato una recente indagine dell'Istituto Superiore di Sanità, solo una donna su due affetta da osteoporosi sa di esserlo.
Dall'indagine "Le italiane e l'osteoporosi", condotta dalla Manners Ardi nel 2006 su 1.621 donne in tutte le regioni italiane, emerge che il 90% delle donne sa che l'osteoporosi è una malattia che rende le ossa più fragili e l'88% che provoca danni seri in quanto c'è un aumento del rischio di fratture.
Inoltre recenti studi epidemiologici sulla conoscenza, gli stili di vita e il comportamento degli italiani rispetto all'osteoporosi hanno dimostrato che chi conduce una vita all'aria aperta rischia meno di essere colpito da osteoporosi.

Le tre regole della prevenzione

Come possiamo trasformare la nostra vacanza in un’arma in più per prevenire l’osteoporosi? Con l’esposizione solare, l’esercizio fisico all’aria aperta e l’alimentazione.
Partiamo dall’esposizione solare. “I raggi solari favoriscono la produzione di vitamina D da parte dell'organismo” spiega Davide Gatti della Cattedra di Reumatologia all'Università di Verona e Dirigente presso il Centro di Riferimento Regionale per l'osteoporosi del Veneto” indispensabile per l'assorbimento del calcio.
Aggiungiamo poi l'esercizio fisico: è sufficiente camminare almeno mezz'ora all'aria aperta per stimolare l'intero metabolismo e quindi anche quello del tessuto osseo. Oltre a favorire la robustezza delle ossa, con il passare degli anni l'esercizio migliora la forza muscolare, l'agilità e l'equilibrio, prevenendo le cadute accidentali..
L’ultimo elemento per prevenire l’osteoporosi è una dieta bilanciata. Il nostro organismo, infatti, ha bisogno di un adeguato apporto alimentare quotidiano di calcio (normalmente: 800 mg al giorno, con l'allattamento e la menopausa: 1200 - 1600 mg al giorno).
Oltre alla quantità di calcio presente negli alimenti - latte e derivati, pesce azzurro, legumi, vari ortaggi e frutta (mele, pere, fragole e ananas) - è importante quanto ne viene effettivamente assorbito e utilizzato dall'organismo. L'efficacia dell'assorbimento è legata ad un'adeguata presenza di vitamina D sintetizzata nella cute, oltre dall'azione della luce solare, anche con la dieta: pesci come salmone e aringhe, formaggi e uova.

Rischio osteoporosi: gli esercizi per rinforzare la schiena
Sollevare ogni giorno 22,7 chili è faticoso, ma i benefici ripagano lo sforzo

Esercizi di sollevamento pesi per rinforzare i muscoli della schiena e ridurre, così, il rischio di fratture della colonna vertebrale. L’idea è di alcuni ricercatori della Mayo clinic del Minnesota, che hanno condotto uno studio su 50 donne sane di età compresa tra 58 e 75 anni, dimostrando che il rischio di fratture viene ridotto di 3 volte nelle signore che praticano questa attività fisica, rispetto a coloro che non hanno fatto questi esercizi. Inizialmente questi esercizi non hanno un effetto diretto sulla densità minerale ossea riscontrabile solo dopo 10 anni. Ma l'effetto anti-frattura sembra dovuto a un irrobustimento della muscolatura della schiena.
Certamente l’impegno non è poco perché le paziente devono sollevare ogni giorno circa 22,7 chili, ma gli effetti si vedono a lungo termine. Questo potrebbe rendere auspicabile raccomandare esercizi preventivi o programmi più facili da eseguire. Questo tipo di “terapia” potrebbe essere applicata a quelle pazienti cui non è possibile somministrare farmaci o ormoni sostitutivi.

Lo specialista: “non bisogna mai abbandonare la terapia"

“Quando un malato ha bisogno di cure, dovrebbe trovarle senza troppe difficoltà. E invece sono sempre di più i pazienti che soffrono di osteoporosi a lamentarsi dei mille problemi che incontrano nel tentativo di accedere alle terapie più innovative. Che oggi, in Italia, possono essere erogate solo in strutture ospedaliere”. Quello degli intoppi burocratici è uno dei problemi più gravi.

Di che tipo di difficoltà si tratta?

Esistono notevoli diversità nel comportamento delle diverse Regioni, che rendono ancora più complicato e difficile l'accesso a farmaci di comprovata efficacia e che potrebbero essere più adatti alle esigenze del paziente. Queste difficoltà limitano seriamente la possibilità di curare in modo
adeguato l'osteoporosi per ridurre il rischio di fratture.
Con quali conseguenze?
Tutto questo si traduce in un aumento delle sofferenze dei malati e dei costi personali, sociali e sanitari legate alle fratture da osteoporosi, in particolare quelle di femore.
Ecco spiegato perché i malati di osteoporosi tendono ad abbandonare spesso le terapie intraprese…
Proprio così. L'abbandono della terapia, o il seguirla in modo discontinuo, è cosa abbastanza frequente nei malati di osteoporosi. D’altronde, è difficile, quando non ci sono sintomi, pensare di dover prendere ogni giorno una capsula. In sostanza, non ci si sente malati. Nel caso dell'ipertensione, per esempio, c'è un rapporto diretto tra il farmaco e l'abbassamento della pressione; ma con l’osteoporosi i malati non vedono effetti.
Come se ne esce?
Sta al medico avere la pazienza di spiegare per bene i vantaggi e seguire i malati nel tempo.

venerdì 27 febbraio 2009


Sauna e bagno turco, il calore che fa bene
Quanto benessere dai due principali trattamenti termali che curano il corpo, rilassano la mente. E donano tanto benessere



Come agisce il calore sul nostro corpo

Quando ci sottoponiamo a una sauna o a un bagno turco, ci rendiamo subito conto della sensazione di benessere generale che questi due trattamenti sono in grado di provocare. Ma come agisce esattamente il calore sul nostro corpo?
L’aumento della temperatura (fino a 85-90° nel caso della sauna, intorno ai 45° per quanto riguarda il bagno turco) causa una condizione passeggera che i medici chiamano “iperemia”, vale a dire l’aumento di quantità di sangue circolante nei vasi sanguigni, associata all’impennata della temperatura corporea. A questo stato viene poi fatto seguire un brusco raffreddamento tramite una rapida doccia fredda, che accelera il ritorno alle condizioni iniziali del nostro organismo .


Le proprietà benefiche della sauna

Una sauna dovrebbe durare tra i 5 e i 10 minuti, in ogni caso mai più di un quarto d’ora: l’alta temperatura favorisce infatti spossatezza e improvvisi cali di pressione. A fine seduta, è consigliabile una doccia fresca e reintegrare i liquidi persi bevendo un bicchiere d’acqua. La sauna combatte i reumatismi, attenua i dolori cervicali, scioglie le tensioni muscolari, facilita l’eliminazione di scorie e tossine, tonifica il corpo. La pelle si rinnova, si purifica: in una parola, ringiovanisce. E diventa maggiormente resistente agli agenti atmosferici più dannosi, dal freddo al caldo, dal vento allo smog.
I medici dello sport, poi, la consigliano agli atleti: due volte la settimana, viene considerata uno strumento essenziale a complemento dell’allenamento.
Non solo: l’organismo che si sottopone abitualmente alla sauna sviluppa maggiori difese a infezioni delle vie respiratorie (dal semplice raffreddore all’influenza, passando per bronchiti e sinusiti).


I vantaggi terapeutici del bagno turco

Nel bagno turco si può restare fino a mezz’ora: l’umidità elevata impedisce la disidratazione. E a fine seduta, è consigliabile una doccia fresca. E sfregare la pelle con un guanto di crine per eliminare le impurità.
Un ciclo di trattamenti a base di vapore, come è appunto il bagno turco, è l’ideale per curare acne e dermatiti. Ottima anche l’efficacia rilassante, vista la sua capacità di contrastare ansia, affaticamento e stress.
Qualche efficacia si ha anche nei confronti del dolore: il calore fa dilatare i vasi sanguigni, favorendo una migliore circolazione. Risultato: le parti del corpo doloranti vengono raggiunte da una maggiore quantità di ossigeno e la guarigione si velocizza.
Come accade con la sauna, seppure in misura appena inferiore, anche il bagno turco aiuta a disintossicare il corpo dalle impurità: tossine come il sodio, l'alcol, la nicotina, il colesterolo e i metalli pesanti (cadmio, piombo, zinco e nichel) si accumulano nell’organismo a causa del moderno stile di vita. Un trattamento a base di calore stimola la sudorazione, contribuendo a pulire e a disintossicare la pelle.

I benefici psicologici del calore

D’accordo, sia la sauna sia il bagno turco hanno effetti molto positivi per il nostro corpo. E sotto diversi punti di vista: dalla pelle alle articolazioni, dalle vie respiratorie alla circolazione. C’è però un aspetto altrettanto importante nei confronti del quale i trattamenti benessere che si basano sul calore sono molto efficaci: quello psicologico.
Il bagno turco in particolare si dimostra particolarmente utile in caso di affaticamento mentale, ansia, stress. Ma questa proprietà può essere estesa anche alla sauna, con le dovute proporzioni. Vediamo perché.
C’è un nesso strettissimo tra mente e corpo. Se il nostro fisico sta bene, la psiche non sarà da meno. E viceversa. Ecco perché i trattamenti estetici donano benessere. Come si trasferisce questo ragionamento a sauna e bagno turco? Le terapie a base di calore giovano allo spirito perché prendersi cura del proprio corpo vuol dire volersi bene. Fondamentale, dunque, è prepararsi al trattamento sgombrando la mente dai malumori: quando si entra in una sauna, dunque, occorre spogliarsi degli abiti, ma anche delle preoccupazioni. L’atteggiamento giusto è decisivo: occorre lasciar navigare la mente, senza salvagente.

Chi deve evitare i trattamenti a base di calore

Sauna e bagno turco hanno tante proprietà benefiche per l’organismo. Ma i trattamenti a base di calore non sono adatti proprio a tutti. Proprio per le loro caratteristiche, possono provocare infatti in determinate categorie di persone problemi di salute anche molto seri. Ecco perché diventa fondamentale consultare sempre prima il proprio medico di fiducia, per capire se si può cominciare o meno un ciclo di sedute.
Ma quali sono i soggetti che proprio dovrebbero evitare sauna e bagno turco?

I cardiopatici: dopo soli sette minuti trascorsi in una sauna, la frequenza cardiaca è quasi raddoppiata. Questo impone al cuore delle persone che hanno problemi uno sforzo pericoloso.

Chi soffre di pressione bassa: per queste persone un trattamento a base di calore fa alzare notevolmente il rischio di andare incontro a un collasso.

Gli obesi: il calore altera il funzionamento delle ghiandole. Di conseguenza gli obesi, il cui problema può dipendere proprio da una disfunzione ghiandolare (per esempio della tiroide), dovrebbero evitare trattamenti come sauna o bagno turco.

Le donne incinte: durante la gravidanza, il sangue in circolazione è già in quantità maggiore rispetto al solito. L’aumento del flusso sanguigno provocato dalla sauna diventa quindi deleterio per la donna.

I bambini: la loro scarsa superficie corporea fa sì che il calore si disperda troppo rapidamente nell’ambiente, provocando conseguenze dannose per la salute.

Gli anziani: l’eccesso di calore sottopone il cuore di una persona della terza età a uno sforzo notevole, e quindi pericoloso.

lunedì 9 febbraio 2009


Marinare la carne riduce il rischio di tumore

Immergerla per 6 ore in vino o birra prima di cuocerla riduce la quantità di agenti cancerogeni che si sprigionano alla griglia

Marinare nel vino o nella birra la carne prima di cuocerla al fuoco riduce sensibilmente gli agenti cancerogeni che si sprigionano durante la cottura. È la scoperta di un team di ricercatori dell'università di Oporto, in Portogallo, secondo cui marinare la carne nel vino o nella birra per 6 ore riduce la presenza di due tipi di composti eterociclici di ben il 90%. Si tratta di componenti dannosi per la salute, la cui presenza è elevata nella carne saltata o cotta alla griglia.
Per un terzo tipo di composto eterociclico, rivelano i ricercatori portoghesi che hanno pubblicato il loro studio sul “Journal of Agricoltural and Food Chemistry”, la birra si è dimostrata più efficace del vino, riducendo il livello in appena 4 ore rispetto alle 6 impiegate dal nettare di Bacco.

lunedì 29 dicembre 2008


Anoressia e bulimia non si risolvono con lo sport

Chi soffre di disturbi alimentari deve evitare danza, ginnastica artistica, atletica leggera e ciclismo: peggiorano le cose

Non è proprio vero che lo sport faccia bene a tutti. Ad alcune persone potrebbe addirittura risultare controproducente: sono coloro che soffrono di disturbi dell’alimentazione come anoressia o bulimia. Queste persone di solito sono portate ad abusare della palestra o dell’attività sportiva in genere per mantenersi in forma in maniera ossessiva. Risultato: il movimento diventa una sorta di strumento di autolesionismo.
"Gli sport più a rischio sono la danza, la ginnastica artistica, l'atletica leggera e il ciclismo", spiega Laura Dalla Ragione, psichiatra e coordinatrice del comitato congiunto dei ministeri del Welfare e della Gioventù, incaricato di mettere in campo azioni di contrasto ai disturbi del comportamento alimentare. "La danza, la ginnastica e l'atletica sono le attività a maggior rischio di ‘ossessione’ legata alla forma fisica perfetta e alla magrezza. Nel ciclismo, poi, unito al rischio legato al doping, è presente anche il pericolo di cadere nella morsa dei disturbi alimentari”.
I disordini alimentari sono ormai un autentico fenomeno diffuso purtroppo in modo trasversale alle fasce sociali e alle età. "Si tratta”, dice ancora Dalla Ragione, “di un'epidemia sociale e globalizzata che si sta diffondendo a macchia d'olio, ed è per questo che sono importanti gli interventi messi in campo per contrastarla". Nella danza, ad esempio, verrà attivato dal ministero del Welfare un progetto sperimentale di formazione ad hoc per gli insegnanti, che verranno sensibilizzati a controllare i loro allievi e a contrastare l'insorgenza di anoressia o bulimia.