domenica 21 settembre 2008


CELIACHIA (MORBO CELIACO)

Detta anche enteropatia da glutine, è un disturbo ereditario, presumibilmente legato ad un fattore genetico, che comporta intolleranza al glutine, proteina cereale contenuta nel frumento, nella segale, nell’orzo, nell’avena e in alcune leguminose.

È particolarmente diffusa tra le popolazioni che consumano molto glutine; in Italia l’incidenza sarebbe di un caso ogni 2000 abitanti. La reazione immunitaria che si stabilisce al glutine provoca un danno della mucosa intestinale del digiuno, a causa del quale diminuisce enormemente l’assorbimento dei carboidrati, delle proteine, e di molti minerali e vitamine. In molti casi la celiachia si rivela all’epoca dello svezzamento, quando inizia la dieta a base di biscotti, farine lattee contenenti glutine, semolino e pastina. Nel lattante si manifesta con il classico quadro della diarrea cronica con feci pallide e ricche di grasso, unitamente a pallore del volto, inappetenza, vomito, gonfiore dell’addome, umore irritabile, arresto di sviluppo e riduzione del peso corporeo. Nel bambino più grande e nell’adulto si verificano forme incomplete, e talora l’unico segno è rappresentato nel primo dal ritardo dell’accrescimento (anche evidenziabile a posteriori).

In alcuni casi insorgono complicazioni, rappresentate da anemia da carenza di ferro, fragilità ossea, emorragie, ritardo dello sviluppo puberale, turbe nervose. La diagnosi di certezza del morbo celiaco si basa sulla biopsia della mucosa digiunale. La dieta priva di glutine – condizione essenziale per la guarigione – va istituita tempestivamente e continuata per tutta la vita, altrimenti il danno intestinale può ricomparire. Vengono pertanto esclusi i cibi contenenti frumento, orzo, segale, avena, sostituiti eventualmente da altre farine appositamente studiate. Per il resto, l’alimentazione dev’essere normale, con supplementi di vitamine e minerali. Nelle forme refrattarie che talora insorgono nell’adulto, si ricorre alla somministrazione di preparati di corteccia surrenale. Se il trattamento viene seguito in modo assiduo e corretto, il ragazzo avrà uno sviluppo sia fisico che intellettivo normale, potrà condurre una vita assolutamente regolare e inserirsi nella società e nel lavoro.


COME SI RICONOSCE LA CELIACHIA

La celiachia non conosce età e può manifestarsi nelle diverse fasi evolutive di un individuo. Ne esistono diverse forme.

Quella che riguarda i bambini molto piccoli, definita “tipica”,che si manifesta con diarrea, perdita di appetito, vomito e a volte dimagrimento. Quando i bambini sono un po’ più grandi, i campanelli di allarme possono essere un rallentamento nella crescita e un eccessivo calo di peso.

La forma “atipica”, invece, si presenta tardivamente con sintomi extraintestinali, per esempio con un’anemia che non si risolve o con la difficoltà a portare a termine una gravidanza o un’inspiegabile infertilità. Negli uomini, invece, ci può essere un'alterazione dello smalto dei denti, uno stato di continua irritabilità o valori elevati delle transaminasi, senza che sia presente una malattia epatica.

La forma “silente”, infine, ha come peculiarità l’assenza di sintomi eclatanti. Quella potenziale (o latente) si evidenzia con esami sierologici positivi, ma con biopsia intestinale normale.

Talvolta i sintomi che nascondono la celiachia sono talmente modesti da non richiedere l’intervento del medico e da sfuggire quindi a una diagnosi appropriata. Il sospetto che il soggetto sia affetto da questa intolleranza emerge solo perché nell’ambito familiare c’è un altro membro affetto da celiachia (le statistiche affermano che nell’8-10% c’è familiarità).

Il primo test a cui sottoporsi quando si sospetta la malattia è quello dell’analisi del sangue per ricercare tre particolari anticorpi nell'organismo: se i valori sono elevati, è molto probabile che sia celiachia. Ma la conferma della malattia si può avere solo con la biopsia intestinale, che viene eseguita durante una gastroscopia.

IN ARRIVO UNA PILLOLA ANTICELIACHIA

Sperimentazione ok, presto sul mercato. Presa prima dei pasti, elimina i sintomi dell’intolleranza al glutine

Basta con la dieta a base di prodotti “gluten free”, stop ai mille sacrifici imposti dal dover fare la spesa tenendo sempre un occhio all’etichetta. Presto, molto presto il popolo dei celiaci (75 mila malati “ufficiali” a cui si aggiungono almeno altri 500 mila che non sanno di esserlo) potrebbe avere la soluzione a tutti i problemi: una pillola da assumere prima dei pasti, in grado di bloccare l'effetto tossico del glutine, la sostanza responsabile dell’intolleranza.

Il ritrovato è ormai in dirittura d'arrivo e nel giro di cinque anni al massimo si ipotizza una rivoluzione, come spiegano i massimi esperti mondiali di celiachia, riuniti in questi giorni a Genova per il Congresso internazionale organizzato dall'Associazione italiana celiachia. La sperimentazione sui primi 110 pazienti ha dimostrato che il farmaco, scoperto tre anni fa negli Stati Uniti da un ricercatore italiano, elimina i sintomi associati al consumo di glutine nell'85% dei casi; entro dicembre arriveranno i risultati su altri 180 pazienti. Studi sull'uomo anche per un nuovo farmaco, una proteasi che aiuta i pazienti a digerire il glutine.

“La dieta priva di glutine è assolutamente sicura, ma impone restrizioni alimentari difficili da seguire, soprattutto in particolari età della vita come quella adolescenziale”, dichiara Umberto Volta, responsabile del Centro per la diagnosi di celiachia dell'ospedale S.Orsola - Malpighi di Bologna e presidente del Comitato scientifico dell'Aic, “i celiaci inoltre sono sempre esposti al pericolo delle contaminazioni e hanno il desiderio di tornare a mangiare normalmente, senza sottoporsi a rinunce che spesso comportano la comparsa di problemi psicologici. Da qui la grande spinta da parte dei pazienti perché la ricerca scientifica fornisca una terapia alternativa".

mercoledì 10 settembre 2008


TROPPI DOLCI? IL CERVELLO NON FERMA PIU' LA FAME.

Un’alimentazione con troppi dolci danneggia i neuroni che tengono a freno l’appetito. Risultato: obesità assicurata

Finito il pasto, i radicali liberi prodotti naturalmente dal nostro organismo attaccano le cellule cerebrali che tengono a bada l’appetito. Finché la dieta è sana ed equilibrata, queste ultime hanno la meglio. Se però l’alimentazione è troppo ricca di zuccheri, a lungo andare i neuroni “ferma-fame” si deteriorano fino a diventare così deboli da perdere la battaglia. Risultato: una più rapida evoluzione verso l’obesità.

La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell´università australiana di Monash, che in uno studio pubblicato dalla rivista “Nature” indaga i meccanismi che regolano lo stimolo della fame nel cervello.

“Più zuccheri mangiamo”, spiegano la ricerca, “più danneggiamo le nostre cellule blocca-fame. Gli individui più a rischio sono quelli tra i 25 e i 50 anni, perché i neuroni che impediscono di mangiare in eccesso sono già stati spazzati via”.
Consumare cibi ricchi di zuccheri (in particolare quelli contenuti nei dolci, non quelli “semplici” dei carboidrati come pane e pasta), quindi, porta ad un circolo vizioso in cui più si mangia più si ha fame.