lunedì 25 agosto 2008


ESSERE EGOISTI NON E’ SEMPRE UN MALE

Prima di tutto me stesso

Saper donare se stessi è una qualità ma, non sempre, pensare a sé significa essere egoisti. E' capitato a tutti, chi più chi meno, di fare un piccolo esame di coscienza per capire se in una data situazione avremmo potuto fare di più per gli altri.
Dare la precedenza ai propri interessi non sempre è un difetto perché dipende dalle situazioni in cui ci troviamo e dal modo in cui ci rapportiamo agli altri. Non c'è niente di male a dedicarsi a se stessi purché questo non danneggi le persone che ci circondano.
Gli psicologici spiegano che tutti noi abbiamo un istinto di autoconservazione, innato alla nascita, che con la fase dello sviluppo dovrebbe conciliarsi con la scoperta dell'altro. Per diventare persone mature è importante stabilire un rapporto positivo tra l'amore per sé stessi e quello per gli altri.

Il vero altruista è fatto così

L'altruismo, qualità che si deve imparare ad allenare fin dall'infanzia, è prima di tutto la capacità di superare il senso di possesso. Quali sono gli aspetti fondamentali dell'altruista? Essenzialmente due: quello razionale, che contempla un certo vantaggio per sé stessi e quello spontaneo che non chiede nulla in cambio, certamente il più nobile.
Nel primo caso, si presuppone una sorta di generosità di convenienza, un "do ut des", cioè un dare per avere. In fondo non c'è nulla di male nello scambio di favori, di appoggio, di sostegno morale e materiale.
Facciamo l'esempio di quel che può capitare in un'amicizia. Se questa è a senso unico in cui uno dei due dà sempre e non riceve mai nulla in cambio, questa sarà destinata a finire. Lo stesso in un rapporto di coppia
Esiste anche un altruismo e una generosità di chi non sa mai dire di no. In questo caso non è tanto il buon cuore a far dire sempre di sì, ma il desiderio di piacere e la paura del rifiuto.
In conclusione l'altruismo totale è veramente raro perché in tutti noi c'è un misto di egoismo e altruismo.

L'individualista rispetta gli altri

Il principio "ama il tuo prossimo come ami te stesso" nel caso dell'individualista diventa "impariamo ad amare prima noi stessi per sapere poi come amare gli altri".
Se volessimo tracciare un identikit dell'individualista-tipo, potremmo dire che è colui che riesce a gestire il proprio tempo lasciando spazio ai propri interessi senza essere indifferente alle esigenze altrui. Un esempio? Chi appartiene a questa categoria, non si sente in colpa per aver sottratto tempo alla famiglia e al lavoro, per esempio, ed è convinto che per costruire rapporti sani con gli altri bisogna prima di tutto imparare ad amare se stessi. In conclusione, fa il suo tornaconto ma rispetta gli altri.

Identikit del vero egoista

Diceva Oscar Wilde "L'egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell'esigere che gli altri vivano come pare a noi".
Il vero egoista è incapace di stabilire rapporti equilibrati basati sullo scambio perché è del tutto insensibile alle necessità di chi lo circonda. Il suo motto è: prendere senza mai dare. Fa il proprio interesse ma si tratta di un interesse limitato. Un esempio? Chi inquina l'ambiente. Non si rende conto che rovina il mondo in cui egli stesso vive e che questo gli si ritorce contro.
Non tutti gli psicologi, però, sono convinti che pensare a se stessi sia un atto di egoismo, perché ogni individuo è un esser unico dotato di una personalità propria e propri talenti. L' educazione, la moralità e la società in genere, per costoro, giocherebbe un ruolo deleterio perché tenderebbe a sopprimere i talenti personali. Le conseguenze poi sarebbero stress, depressione e anche attacchi di panico.
In conclusione diciamo quindi che IL VERO EGOISMO ESISTEREBBE SOLO NEL CASO IN CUI DANNEGGIAMO CON I NOSTRI ATTEGGIAMENTI GLI ALTRI, NON SE CERCHIAMO DI AMARE DI PIÙ NOI STESSI.

martedì 19 agosto 2008


FA MALE APRIRE E CHIUDERE IL PUGNO PRIMA DI UN PRELIEVO DI SANGUE

Aumenta i livelli di potassio nel sangue, creando problemi renali o cardiaci. Meglio limitarsi a farlo una volta sola

È il gesto più usuale durante il prelievo di sangue, e si impara a farlo fin da bambini: aprire e chiudere più volte il pugno per facilitare la circolazione. Ma da oggi le cose potrebbero cambiare: un'allerta dalla Gran Bretagna segnala che aprire e chiudere il pugno potrebbe aumentare i livelli di potassio nel sangue, con la possibilità di avere alla lunga problemi renali o cardiaci, e creando tra l'altro confusione negli stessi risultati del test.

La pratica di aprire e chiudere il pugno è un relitto del passato che andrebbe superato, è stato consigliato a tutti i medici addetti ai prelievi di non chiederla più ai pazienti.

Un consiglio inevitabile, visto che sugli stessi soggetti analizzati, dopo averli invitati a non ripetere la manovra del pugno, i livelli di potassio sono calati subito sensibilmente.

Sarà difficile, ammettono gli scienziati, cambiare un'abitudine diffusa almeno dal 1960, ma l'alternativa può essere un buon compromesso: non serrare il pugno ma “chiudere delicatamente la mano e aprirla una sola volta”. In questo modo le vene vengono comunque messe in risalto, senza però influire sui livelli di potassio.

venerdì 15 agosto 2008



FERRAGOSTO, DIETA MIA NON TI CONOSCO.

Peccare senza pentimenti? Si può

Vi siete tenuti tutto l'anno e ora vi volete concedere qualche piccola trasgressione. Perché, diciamolo, un po’ di sana gratificazione ci vuole, soprattutto dopo che negli ultimi mesi siete stati “a stecchetto” per arrivare sulla spiaggia in buona forma. Sia che andiate al mare, in montagnao campagna, vi verranno offerti piatti in tema con il clima e la regione che visiterete. Nessuno vi obbliga a dire di no, ma vi suggeriamo come comportarvi per non vedere lievitare il girovita alla fine della vacanza. Il segreto c’è ed è molto più semplice di quanto pensiate. Se siete invitati da amici o mangiate al ristorante assaggiate un po’ di tutto, ma con parsimonia: senza esagerare con le-porzioni-e-i“bis”,-insomma.
Se poi alla fine di questi giorni vi sentite in colpa e volete rimediare a qualche strappo di troppo, fate così.
Ridi di pancia: un’ora di risate a crepapelle magari davanti a un buon film comico ti fa consumare 300 calorie.
Pavimento pulito, braccia toniche: se pulisci il pavimento per 30 minuti, elimini 105 calorie. Non solo: tonifichi i muscoli di braccia e gambe.
Cambia look alla casa: spostare i mobili del tuo appartamento per 30 minuti, ti fa bruciare 80 calorie.
Cambia canale alla Tv: è stato calcolato che abbandonando il telecomando e alzandosi dalla poltrona 10 volte al giorno per cambiare canale, si possono perdere fino a 5.000 calorie in un anno!

Cinque esempi per la tavola in campagna

1) La parmigiana di melanzane. Se la ordinate al ristorante, informatevi se è stata preparata con melanzane fritte o grigliate. Nel primo caso, non c’è scelta: dividete la porzione con un altro commensale.
2) Coniglio arrosto. Potete ordinarlo con tranquillità perché il grasso non supera il 5%, ed è anche una carne tenera e di facile digestione.
3) Patate al forno. Sono un ottimo contorno, ma la maggior parte delle volte sono intrise di olio. Provate a schiacciarne una con la forchetta: se trasuda condimento, mangiatene al massimo 2 o 3.
4) Salsicce alla brace.Difficile sottrarsi al barbecue che qualche amico organizzerà in giardino. E allora, prima di mettere le salsicce sulla brace, bucherellatele con la forchetta in modo da far fuoriuscire il grasso. Al ristorante, invece, chiedete al cameriere di aprirle a metà durante la cottura: si sgrasseranno un po’.
5) Crème caramel. Una porzione apporta tra le 80 e le 240 calorie. Un po’ troppo se avete fatto un pasto completo, uno strappo che vi potete permettere se avete mangiato solo un primo piatto e un’insalata.

Cinque esempi per la tavola in montagna

1) Affettati e formaggi. Vengono spesso offerti come antipasto. Regolatevi, se poi volete mangiare anche le altre portate. Concedetevi giusto qualche “francobollo” di formaggio e qualche strisciolina di prosciutto, salame ecc.
2) Canederli. Attenzione: limitatevi a 3 o 4 “palline”, perché bastano queste per fare un pasto completo. Nell’impasto c’è infatti mollica di pane mischiata al latte, uova, pancetta affumicata, wurstel e formaggio.
3) Polenta e spuntature. La polenta è un alimento “innocuo”; il problema, semmai, nasce con le spuntature: di maiale o di manzo, l’importante è non esagerare. Non superate 3-4 pezzetti.
4) Fonduta di formaggi. Si prepara con formaggi fusi e, inutile negarlo, è una vera bomba calorica. Per renderla più light, alternate un boccone di formaggio alle crudité che vengono spesso offerte come accompagnamento (il rapporto deve essere di 1 a 3).
5) Funghi alla griglia. Dopo esservi assicurati della loro provenienza, potete gustarli con tranquillità, perché se non eccederete con i condimenti sono alimenti che contengono poche calorie.

Cinque esempi per la tavola al mare


1. Insalata russa. Un cucchiaio come antipasto ve lo potete pure concedere, ma non andate oltre. È la maionese a fare la differenza, in 100 g ci sono ben 650 calorie.
2. Spaghetti allo scoglio. Lo dicono anche i nutrizionisti: pasta con crostacei, frutti di mare e pomodoro sono un mix perfetto, perché nello stesso piatto ci sono carboidrati, proteine, vitamine, sali minerali e pochi grassi. L’importante, anche in questo caso, è non esagerare con le quantità.
3. La grigliata di pesce. Ottima alternativa alla carne. Scegliete tra i pesci meno grassi come merluzzo, palombo, sogliola e orata, ma non esagerate con gli “intingoli”: preparato così, il pesce è buonissimo anche senza condimenti.
4. Frittura di pesce. Come resisterle? Difficilissimo. Allora concedetevela pure, senza però farla diventare un’abitudine. Un consiglio: abbondate con il succo di limone, perché la vitamina Ccombatte le sostanze ossidanti che si formano con la frittura.
5. Il gelato. È un alimento eclettico, può essere ideale per uno spuntino pomeridiano, ma può diventare un sostituto del pasto all’ora del pranzo quando fa caldo e non ci si vuole appesantire.

venerdì 1 agosto 2008


Parliamo dei meccanismi fisici e psicologici che generano gli scatti di ira. Con le regole per controllarsi e… “difendersi”

Che cos’è l’ira e perché ci si arrabbia

Fa parte dei sette vizi capitali, quelli a cui nessun uomo dovrebbe mai cedere. Eppure – proprio come la gran parte degli altri sei – all’ira cediamo eccome, chi più e chi meno. Ed è inevitabile, perché si tratta di uno dei sentimenti più primordiali (insieme con la gioia e il dolore) che vi siano nella mente dell’uomo. Le prove? Tutti i sinonimi del termine (rabbia, collera, esasperazione, furore…), tutte le sfumature che può avere (irritazione, fastidio, impazienza, intolleranza…).
Ma che cos’è in concreto la rabbia? La reazione a un limite, a un’imposizione (fisica o psicologica), l’espressione di un bisogno di affermare la propria persona. Come tutte le emozioni, la rabbia non è mai giusta o sbagliata: c'è e bisogna prenderne atto, comprenderla, gestirla al meglio. Chi riesce a metterle la sordina, non sempre ne ricava benessere, perché si tratta di un segnale molto importante: che qualcuno o qualcosa sta calpestando il nostro “io”. Perché si scatena la rabbia? Gli studi concordano nel ritenere prevalente questo fattore: la volontà che si attribuisce all'altro di ferire e l'eventuale possibilità di evitare l'evento o situazione frustrante. Ciò significa che ci si arrabbia quando qualcosa o qualcuno si oppone alla realizzazione di un nostro bisogno, soprattutto quando viene percepita l'intenzionalità di ostacolare l'appagamento.
A che serve la rabbia? Le modificazioni fisiologiche (che coinvolgono sia il corpo che la mente) che si manifestano attraverso uno scatto di ira, hanno l’obiettivo di rimuovere la causa della frustrazione alla base del nostro impeto aggressivo. Lo stato emotivo in cui ci troviamo quando siamo in preda alla collera è il carburante a cui attingiamo per passare alle vie di fatto, siano queste azioni oppure solo parole.
A differenza degli animali, i motivi alla base di un attacco di rabbia nell’uomo riguardano la frustrazione di attività che erano collegate con l'immagine e la realizzazione di sé.

Gli effetti della collera sulla nostra salute

Le pubblicazioni scientifiche sugli studi dell'inibizione delle manifestazioni aggressive, dimostrano che reprime i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo. Insomma: mettere il tappo all’impulso (talvolta sano, oltre che legittimo) di reagire a un sopruso o a un torto o a una qualunque costrizione, vive peggio. E si porta avanti a lungo questa condizione di malessere.
Già, perché gli effetti dell’ira sulla fisiologia umana sono ampiamente dimostrati. Sfogarsi ogni tanto fa più che bene, sempre che non si esageri: studi approfonditi hanno confermato che un quarto dei casi di problemi cardiaci è dovuto all’eccessiva perdita di controllo in un’esagerata reazione fisica alla rabbia. E ancora: a forza di arrabbiarsi troppo e spesso, si rischia di incappare in conseguenze psicosomatiche non di poco conto. Così come, del resto, succede per il contrario (non concedersi, cioè, neanche un’“esplosione” di tanto in tanto). E così, patologie come l’ipertensione, l’emicrania cronica, la gastrite e diversi altri problemi di non poco conto sono strettamente collegati allo stato psicologico del collerico per antonomasia o del soggetto eccessivamente autocontrollato.

Come non farsi prendere dall’ira

Tutti conosciamo l’antico adagio secondo cui, prima di lasciarsi travolgere da un attacco d’ira, sia fondamentale “contare fino a dieci”. Bene, vi suggerisco qualche consiglio in più per resistere alla tentazione di arrabbiarsi.

1) Non giustificatevi dicendo che “è colpa del mio caratteraccio”, come se fosse qualcosa che non si può governare. Accade a tutti di provare il sentimento dell’ira e quasi sempre è possibile dominarsi.

2) Provate a riflettere sui fattori che di solito vi portano a “scattare”. Sono davvero validi? Provate allora a gestire le provocazioni, a comunicare meglio le vostre ragioni, a trovare metodi alternativi per difendere i vostri diritti. Se invece riconoscete che il più delle volte vi arrabbiate per motivi banali, diventa necessario imparare a non farsi trascinare.

3) Calcolate il rapporto costi-benefici di una litigata: di solito sono molto squilibrati a favore dei costi. E si traducono in problemi sul lavoro e in famiglia, danni d’immagine, perdita di rapporti importanti…

4) Quando sentite crescere la voglia di reagire, fermatevi e cercate di rimandare il più possibile la reazione: basta per esempio uscire dalla stanza o prendere tempo con l’interlocutore prima di replicargli.

5) Tecniche di rilassamento come il training autogeno o la meditazione sono utilissime. Lo stress è un fattore di rischio per gli attacchi di rabbia, qualsiasi pratica diretta a limitarlo non può che sortire effetti positivi.

6) Gran parte delle persone che si arrabbiano spesso e volentieri, soffrono di un senso di frustrazione latente e continuo. Può dipendere da traumi passati o da un’insoddisfazione presente (magari sul lavoro). Rendersene conto e cercare di rimediare può rivelarsi molto utile.

7) Reprimere completamente l’ira non solo serve a poco, ma può risultare controproducente: si rischiano problemi psicosomatici. Tra il cedere alla rabbia e subire passivamente qualcosa che proprio non vi va giù, c’è una via intermedia: provate a capire se esiste una soluzione più funzionale di una scenata sterile e improduttiva.

Come comportarsi di fronte a uno scatto d’ira altrui

Ognuno di noi ha un modo di comportarsi diverso, quando si trova di fronte a uno scatto di rabbia altrui. Ma qual è quello più adatto a non complicare le cose, pur senza cedere necessariamente alle presunte ragioni dell’interlocutore?

a) Davanti a un’aggressione verbale o fisica, il primo impulso è di alzare il tono e disporsi a rispondere con gli stessi metodi. Ma è sbagliato: l’aggressività provoca solo altra aggressività, in un’autentica escalation violenta e sgradevole.

b) Difendersi è necessario, nessuno dice che si debba subire passivamente. Anche perché l’iroso e aggressivo, di fronte a un interlocutore che non replica, tende a rincarare la dose, proprio perché non incontra resistenze. Risultato: la rabbia aumenta, proprio quello che si deve evitare.

c) L’ideale sarebbe mantenere la calma, senza però apparire intimoriti né disposti ad alimentare lo scontro. In concreto: se l’aggressione è verbale, potete rispondere usando toni fermi, ma tranquilli; se invece è fisica, è importante mettersi al riparo da altri attacchi, perché se si accetta un contatto, si finisce in rissa.