domenica 25 maggio 2008


INTOLLERANZE: ATTENZIONE ALLA DIAGNOSI!

Intolleranze alimentari: il problema è la diagnosi?
Cosa si intende per “reazioni avverse” al cibo?
I test attualmente a nostra disposizione sono attendibili?
Esiste qualche eccezione?
Le intolleranze alimentari “fanno ingrassare”?

Intolleranze alimentari: il problema è la diagnosi?

Da qualche anno, le intolleranze alimentari o pseudoallergie (nulla a che fare con le vere allergie alimentari) sono diventate il pretesto per una batteria di accertamenti costosi ma approssimativi e in certi casi perfino inaffidabili.

Le intolleranze alimentari esistono realmente e le statistiche ne confermano il continuo aumento, ma non di rado sono occasionali (in corso di convalescenze), stagionali (in rapporto alla fioritura dei pollini) e comunque di difficile accertamento per la mancanza nel sangue di anticorpi specifici che ne confermino la presenza. Infatti, mentre è relativamente facile documentare l’esistenza di una vera “allergia”, in base alla presenza di specifici anticorpi, non esistono certezze per altre reazioni avverse agli alimenti o presunte intolleranze.

Eppure il lato più scoraggiante della vicenda non sta tanto nel prosperare di un sottomercato più commerciale che scientifico quanto nel danno alla salute che può derivare dalle conseguenti diete.
I pazienti sottoposti a questi test ricevono indicazioni dietetiche severissime, con esclusione di interi gruppi di alimenti e quindi col pericolo di aggiungere anche la beffa della malnutrizione, dovuta alla monotonia alimentare e alle conseguenti carenze vitaminico-minerali.

Cosa si intende per “reazioni avverse” al cibo?

Gli alimenti, o anche gli additivi, i conservanti, gli antiossidanti, possono provocare reazioni avverse, sia esterne (a carico della cute) che interne (per esempio a livello gastrointestinale). Alcune di queste reazioni sono di natura tossica, prevedibili, intimamente correlate con la dose, e possono interessare chiunque: tipica l'intossicazione da funghi o da tossine prodotte da batteri che hanno contaminato un alimento. Altre reazioni avverse invece sono non tossiche e non prevedibili, e non interessano tutti ma solo le persone predisposte: a questa categoria appartengono le allergie e le intolleranze alimentari.
Nel parlare comune le due reazioni vengono spesso confuse tra loro, ma hanno in realtà una natura profondamente diversa: a differenza delle allergie le intolleranze quasi mai provocano reazioni forti, e mai e poi mai shock anafilattico. Sono dose-dipendenti, cioè agiscono in relazione alla quantità di alimento ingerita, e in genere sono dovute all’impossibilità dell’organismo di digerire un dato cibo, magari per un difetto metabolico dell’individuo. Tuttavia la differenza fondamentale tra le due reazioni è che le intolleranze non coinvolgono il sistema immunitario, le allergie sì.
Bisogna comunque sottolineare che il tema delle “reazioni avverse al cibo” è tuttora uno dei più controversi e meno certificabili della dietologia.

I test attualmente a nostra disposizione sono attendibili?

Le differenze di opinione fra gli esperti sono molte e riguardano l’attendibilità di alcune procedure diagnostiche giudicate “unproven” (perciò carenti di validità diagnostica), sia dall’Accademia Americana di Allergia e Immunologia, sia dalla consorella europea (European Academy of Allergy and Clinical Immunology). Se nel campo delle allergie, infatti, il responso del laboratorio consente valutazioni obiettive, per la presenza di specifiche immunoglobuline, tutto resta mal definibile quando si passa alle intolleranze.

In assenza di risposte certe dilagano i test alternativi, costosi e spesso inutili", basta dire che l’American Gastroenterologic Association ha perfino dettagliato, accanto ai test da praticare, anche quelli senza valore o, addirittura, controindicati (Test cutaneo intradermico con cibo, Test di citotossicità, Misura dell’attività elettrica cutanea, Biorisonanza, Conta delle pulsazioni pre e post-cibo sospetto, Chinesiologia applicata, ecc.)".

Esiste qualche eccezione?

Tra le intolleranze enzimatiche più frequenti rientra il deficit di lattasi, più noto come intolleranza al lattosio. In questo caso disponiamo però di un accertamento utile: il test del respiro o “breath test”. Una sorta di prova da carico che dopo l’ingestione di una quantità standard di lattosio permetterà di valutare, nell’aria espirata, le tracce dei gas derivati dalla fermentazione del lattosio non digerito.

I gastroenterologi hanno rilevato però, anche in questo caso, che soltanto un terzo o al massimo la metà dei soggetti “etichettati” come intolleranti al lattosio lo è veramente (spesso si tratta di “colon irritabile”) quando viene sottoposta al test. Ciò significa che in troppi casi è stata imposta, senza un’adeguata diagnosi, l’astinenza dal latte e dai suoi derivati creando inutili difficoltà alimentari.

Le intolleranze alimentari “fanno ingrassare”?


Assolutamente no, al contrario, l'intolleranza genera problemi digestivi che possono portare solo al malassorbimento di una parte dei nutrienti; quindi, semmai, al dimagrimento e non all’aumento di peso. Il meccanismo di reazione, cioè di intolleranza, infatti, può rendere inutilizzabili le calorie potenziali di certi alimenti ma in nessun caso potrà mai aumentarne il valore calorico, qualunque sia la combinazione in cui gli alimenti sono stati assunti!
È necessario quindi prestare attenzione agli operatori, quantomeno poco documentati, che promettono miracolose perdite di peso grazie all'eliminazione dei cibi "incriminati". Di intolleranze, infatti, non si ingrassa...

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